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22/07/2011 08:27
Andrea Gigliotti è un tifoso, e come tale non ha mai smesso di sognare. Gigliotti segue da una vita il Modena e da anni fantasticava di un progetto, quello di far diventare i tifosi soci del club gialloblù. C'è voluto tempo e tanto impegno, ma ce l'ha fatta. La cooperativa, costituita insieme ad altre tre persone, ha raggiunto 236 soci e pochi giorni fa ha comprato l'1% del capitale del club emiliano. Gigliotti non ha smesso certo di sognare: il suo obiettivo, ci volessero cento anni, è quello di mettere nelle mani dei supporters giallblù tutto il club. Basta andare sul sito www.coopmodenasportclub.it per rendersene conto, oppure parlare con lui che della cooperativa è il presidente."Siamo nati spontaneamente, nessuno ci ha chiesto di farlo e il Modena non era fallito, ma eravamo convinti che la strada dell'azionariato popolare fosse quella giusta".
Come vi siete mossi?
"Abbiamo iniziato a studiare i modelli esistenti all'estero, da quello tedesco, a quello spagnolo, per finire con quello inglese. Più avanti andavamo e più ci siamo resi conto che la cosa poteva essere importata anche in Italia per fare sì che i tifosi siano proprietari del proprio club e il 18 dicembre 2008 abbiamo costituito la cooperativa".
Perché questa forma societaria?
"A nostro avviso è la più idonea per garantire la partecipazione: bastano 50 euro, che è la quota minima, per entrare. Siamo partiti in quattro e ora siamo 236. a quel punto, pochi giorni fa, abbiamo acquistato l'1% del Modena".
Com'è composta la compagine societaria del Modena?
"Il 98.7% è in mano ad un gruppo di 14 industriali modenesi, l'1% è nostro e lo 0,3% è in mano ad un commercialista".
Come pensate di influenzare le scelte societarie con una quota tutto sommato modesta?
"Intanto al nostro interno ci sono pure il presidente e il vice del Modena e poi questo è un punto di partenza, l'obiettivo è arrivare almeno al 51%. fondamentale è l'equilibrio economico della società calcistica. A Modena gli imprenditori hanno quasi portato a zero il disavanzo di gestione. Su questa base si può sviluppare l'azionariato popolare. I tifosi si devono rendere conto che non si può spendere più di quanto si incassa e che, in ogni caso, alla guida della società ci devono essere persone professioniste del calcio".
A lungo termine il progetto prevede il 100%?
"Certo, i tempi non sono definibili, ma quello è l'approdo. A noi ci sono voluti tre anni per arrivare all'1% ma non c'è scritto da nessuna parte che in altre realtà, e penso proprio a Lucca, i tempi non siano diversi".
Ai tifosi lucchesi che stanno seriamente pensando a questo tipo di soluzione che si sente di dire?
"Che non ha importanza la categoria da cui ripartiranno, quanto che riescano a riappropriarsi del club dopo due gestioni fallimentari. A breve mi incontrerò con alcuni di loro che mi hanno già contattato".
A Modena avete studiato i modelli europei di azionariato popolare: quale può essere più facilmente importato in Italia?
"A mio avviso, quello tedesco. Prevede compagini sociali costituite dal 51% da tifosi a al 49% da imprenditori. L'esempio spagnolo potrà venire solo in un secondo momento".
Fabrizio Vincenti